Weegee – grandi fotografi, a cura di Francesco Tadini. Arthur Fellig detto Weegee: ricordo la passione di mio padre – Emilio Tadini – nel raccontarmi di questo grande fotografo… e la scelta di farlo “copertina” della prima pubblicazione del romanzo La lunga notte, nel 1987, grazie a Rizzoli (poi ripubblicato nel 2010 da Einaudi) – leggine alcune pagine a questo LINK. Libro che fu definito da molti uno dei migliori racconti sulla rinascita dell’Italia – di un Paese che, ripercorrendolo, faceva i conti con il passato della colpevole partecipazione al cataclisma della Guerra Mondiale.
Chi è il fotografo Weegee?
Weegee – dettaglio della copertina del romanzo La lunga notte di Emilio Tadini
La storia di Weegee è una storia che tutti fotografi dovrebbero conoscere, per la tenacia e l’amore che hanno contraddistinto quest’uomo. Weegee è lo pseudonimo di Arthur Fellig, nato Usher, classe 1899. Nato e cresciuto in una piccola cittadina austriaca, passata alla Polonia dopo qualche anno e attualmente ucraina. La sua famiglia era composta da sette fratelli di cui Arthur era il secondogenito. Era una famiglia molto povera e afflitta dall’antisemitismo che costrinse il padre Bernard, uno studente rabbino, a trasferirsi negli Stati Uniti. La famiglia riuscì a seguirlo solo 4 anni dopo. Proprio a Ellis Island, la prima tappa degli immigrati in terra statunitense, ad Arthur venne dato questo nome.
La famiglia di Arthur Fellig cercò di sbarcare il lunario come poteva, il padre lasciò gli studi da rabbino e lavorò come portiere e venditore ambulante. Vivevano tutti in un appartamento molto piccolo nel Lower East Side di New York e la famiglia continuò a rispettare fortemente la religione ebraica. Nel 1914 Arthur interruppe il proprio percorso scolastico all’ottavo grado, più o meno la terza media italiana, per contribuire all’economia della famiglia e cominciando a lavare i piatti in un Automat. Pur essendo molto giovane si avvicinò alla fotografia, diventando aiutante in uno studio fotografico e addetto alla camera oscura, poi passando alla fotografia commerciale, alla fotografia di passaporti e in seguito ai ritratti di strada. A 18 anni decise di lasciare la propria famiglia perché l’oppressione religiosa perpetuata dai suoi genitori era intollerabile per il suo spirito ribelle. Preferì quindi passare le notti in strada come un senzatetto o trovando accoglienza nei rifugi missionari piuttosto che avere un tetto sicuro sulla propria testa. Nel frattempo continuò a lavorare come bigliettaio di bus e covando Il sogno di aprire uno studio fotografico. Nel 1918 lavorò nello studio Ducket & Adler a Manhattan, occupandosi perlopiù della parte tecnica e della camera oscura.
Weegee, la United Press International Photos e la camera oscura
Il lavoro in questo studio gli permise di allacciare delle conoscenze che gli permetteranno di entrare nel New York Times e lavorare come assistente di camera oscura per 2 anni, dal 1921 al 1922. In seguito lavorò presso la United Press International Photos per circa 12 anni, dal 1924 al 1936, sempre in camera oscura. Complice l’ambientazione e la maturità professionale, Fellig cominciò a covare il sogno di diventare un fotoreporter. Si propose all’agenzia ma venne sempre rifiutato per il suo diniego di indossare la canonica camicia bianca e cravatta da fotoreporter, questo gli chiuderà diverse porte ma fortificherà la sua personalità, caratteristica vincolante in questo settore. La sua caparbietà gli permise di lasciare l’agenzia e cominciare a lavorare come fotoreporter freelance dal 1936 in poi. Sarà questo salto nel vuoto a decretare l’inizio del suo successo. La sua macchina era una Speed Graphic ma mancava l’elemento più importante: come presentarsi repentinamente sulle scene del crimine? Grazie a una radiolina che trasmetteva in tempo reale le notizie del quartiere di Manhattan.
Fellig si ritrovò a lavorare specialmente di notte per poter entrare da subito in contatto con delle liste notturne, incidenti, rapine, incendi e assassini. Le sue foto avevano una marcia in più rispetto a quelle degli altri e i giornali se ne accorsero subito. Le maggiori testate newyorkesi lo chiamarono e tutti desideravano le sue foto perché nessun altro fotoreporter riusciva a ottenere lo stesso risultato. Il dipartimento di Polizia conosceva talmente bene Weegee che gli permise di organizzare un ufficio personale all’interno del reparto Persone Smarrite ed è proprio grazie a questo che il fotografo si ritrovò ad essere così scattante e presente fin da subito nei luoghi del crimine. Aveva molti vantaggi rispetto agli altri e non aveva alcuna intenzione di cederli. Si dice che lo pseudonimo “Weegee” voglia indicare proprio la sua presenza tempestiva su tutte le scene del crimine, in quanto la weegee è la tavola ouija per gli inglesi (utilizzata per le sedute spiritiche!), e che siano state proprio le donne del dipartimento ad averglielo affibbiato.
Weegee, la radio della Polizia e il MoMa
Nel 1938 comprò un’auto, la Chevrolet Coupé, installando al suo interno, previo permesso, una radio della Polizia. Weegee era l’unico fotoreporter ad avere l’autorizzazione di possederne una. In questa Chevrolet passerà giorni e notti, tenendo la macchina fotografica, una camera oscura portatile e vari flash nel bagagliaio della macchina.
Furono gli anni ’40 a decretare la sua consacrazione a fotoreporter più famoso del tempo. Il PM Daily gli offrì la possibilità di creare delle foto storie. In questo modo la sua fama crebbe esponenzialmente. Un anno dopo fu protagonista della sua prima esposizione a New York “Weegee: Murder is my business”. Nel 1943 il MoMa di New York acquistò 5 fotografie, visionabili ancora oggi nella sezione Action Photography. Nel 1945 si ebbe il suo primo catalogo di fotografie: “Naked City” a cui segue uno spot pubblicitario nazionale e il film The Naked City che prende ispirazione proprio dal suo lavoro. Insomma sembra proprio che le cose cominciassero davvero a girare per questo ex senzatetto che non aveva mai smesso di credere ai suoi sogni. La sua vita sentimentale era al pari di quella professionale, tanto che nel 1947 sposò Margaret Atwood e si trasferì nella dorata Hollywood. Weegee si lascerà sedurre dal mondo della cinematografia e ricoprirà spesso e volentieri il ruolo di consulente e attore. La sua carriera professionale si arricchì quando cominciò a sperimentare nuove macchine fotografiche tra cui la macchina da presa 16 mm, altri obiettivi e strumenti che gli permisero di giocare con le distorsioni.
Weegee, Hollywood e Stanley Kubrick
Nel corso della sua vita continuò ad avere rapporti con Hollywood, producendo diversi cortometraggi e lavorando anche come consulente di Stanley Kubrick per il film Dottor Stranamore del 1958. Il suo matrimonio finì dopo appena 2 anni ma trovò l’amore definitivo con Wilma Wilcox che sarà la sua donna per tutta la vita. Uno dei migliori progetti fotografici di Weegee fu il suo viaggio in Europa del 1968 per il Daily Mirror. Questa esperienza gli permetterà di produrre diverse fotografie e di avere un primo approccio anche in qualità di scrittore per diversi libri. Si spegnerà a 69 anni, nel 1968, a causa di alcune complicanze del diabete. Solo 7 anni prima aveva pubblicato la sua unica biografia “Weegee by Weegee”, un vero e proprio manifesto che tutti fotografi dovrebbero avere nella loro libreria.
Se dovessimo rappresentare il lavoro di Weegee con una parola sarebbe sicuramente indiscrezione. Il lavoro del fotografo era noto per essere trasgressivo, incauto, capace di uno sguardo che non distoglieva mai l’attenzione dal soggetto. Durante i primi anni ci furono moltissime foto macabre: cadaveri riversi in strada in una pozza di sangue, assassini catturati dalla Polizia e accecati dal suo flash, reietti della società picchiati e oggetto di soprusi. In tutto questo noir c’è anche spazio per altre dinamiche della vita. Il fotografo spesso si rintanava all’interno di un cinema per ritrovare piccole tracce di tranquillità. Riprese persone che dormivano, amanti che si baciavano, bambini sorpresi da un attimo di divertimento.
Il lavoro più toccante di Weegee si trova però tra le strade della New York violenta, lì dove è riuscito a catturare tutti i segni della solitudine, della depressione e dell’oppressione. Famiglie di senzatetto, poveri mendicanti, bambini abbandonati e prostitute di strada. Non c’era spazio per nessun sentimentalismo, Weegee li fotografava senza alcun ritegno, senza alcuna timidezza: un vero e proprio tripudio di immagini / verità.
Marilyn Monroe
Uno dei punti forti di Arthur Fellig era occuparsi di una fotografia istantanea e immediata, senza congetturare la scena né tantomeno partendo da un’idea di ciò che voleva rappresentare. Conosceva talmente tanto la società newyorchese che bastava girare nei quartieri giusti per trovare ciò che stava cercando in quel determinato momento. Weegee aveva anche un lato ironico, palese nelle sue distorsioni, una serie giocosa che prendeva in giro quella Hollywood patinata che idolatrava le celebrità facendone perdere qualsiasi umanità. Molto famoso il ritratto di Marilyn Monroe, completamente deformato e con un naso porcino che la spoglia degli ideali di bellezza vigenti nel tempo e le conferisce un’aura comica, divertente e ben lontana dai dogmi perfetti in cui sembrava ingabbiata.
Oggi possiamo dire che le foto di Weegee siano immortali e che servano come monito per le orde di fotoreporter che cercano di ottenere il suo stesso successo. Il talento di Weegee è più unico che raro ma è il suo genio e l’immediatezza che lo hanno reso il più inflessibile dei fotoreporter. Il lavoro di Weegee è tuttora esposto nei più grandi musei di tutto il mondo e continue esposizioni vengono organizzate per celebrare il suo operato. Un esempio del 2012 è la mostra “Weegee: The Naked City“, inaugurata al Multimedia Art Museum di Mosca.
Il suo occhio per le strade di New York era inclemente, a tratti freddo, capace di rappresentare la scena in maniera spietata e senza alcun tipo di empatia. Come ogni vero fotoreporter, forse, Weegee non travalica quella sottile linea tra professionale e personale: ciò gli permette di essere vero, reale e incapace di manipolare la scena sotto influenza del suo coinvolgimento emotivo.
Nel corso della storia ci sono stati tanti fotografi che hanno messo pezzi della loro anima nelle fotografie ma è Weegee a fotografare l’anima stessa della fotografia. Almeno: quella di un tempo che fu.
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Francesco Tadini – fondatore di PhotoMilano club fotografico milanese
Leggi anche l’articolo Matt Black: Geography of Poverty – grandi fotografi a cura di Francesco Tadini, per “I grandi fotografi raccontati da PhotoMilano”
Francesco Tadini ha costituito – vedi la sua pagina su questo sito all’indirizzo https://photomilano.org/francesco-tadini/ – nel giugno 2017, il gruppo Facebook Photo Milano, passione (e non solo) per la fotografia che raggiunge e unisce, attualmente, l’attività di più di 2600 iscritti. Il club fotografico ha sede presso un’altro progetto di Francesco Tadini: la Casa Museo Spazio Tadini in via Niccolò Jommelli 24 a Milano che – insieme all’altra fondatrice della casa museo, Melina Scalise e alla curatrice e agente fotografica (oltre che coreografa di fama) Federicapaola Capecchi – supporta l’attività del club con l’organizzazione di mostre fotografiche, workshop e serate di presentazione. Alle esposizioni collettive e personali – da giugno 2017 a oggi – hanno partecipato centinaia di fotografi milanesi e non. Il progetto di PhotoMilano è nato con l’intento di unire e rafforzare le relazioni tra fotografi professionisti – di vari settori – e le migliaia di appassionati che nella fotografia trovano non solo uno svago, ma un’occasione vitale di crescita.
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